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a cura di Zeno Bisoffi
Può apparire strano che si parli di tubercolosi (una malattia diffusa
in tutti i continenti) in una rubrica di medicina tropicale. Eppure questa malattia
è forse in assoluto il problema più grave di medicina tropicale,
per l'altissima mortalità che provoca a livello mondiale, quasi tutta
concentrata nei paesi a minor reddito. Un'altra, tipica caratteristica "tropicale"
è il paradosso di una malattia di cui sappiamo tutto, e per la quale
abbiamo a disposizione farmaci efficaci e che portano a guarigione completa,
eppure non si riesce ad arginarne la diffusione e l'impatto devastante sulla
salute nei paesi poveri.
La tubercolosi è conosciuta da tempi antichissimi. Era nota in Cina più
di 5000 anni fa, nell'antico Egitto e in Grecia, dove il mitico Ippocrate già
si era reso conto che la malattia si trasmetteva da una persona all'altra. Solo
nel 1882 però queta idea trovò conferma con la scoperta del micobatterio,
chiamato anche "bacillo di Koch", dal nome dello scopritore. Nel 1944
si scopre la streptomicina, e per la prima volta si ha a disposizione un farmaco
efficace. Prima di allora la tubercolosi si curava con la dieta, con l'aria
salubre e con tante altre misure palliative che di per sè non avevano
alcun effetto sull'evoluzione della malattia, che risultava mortale in circa
metà dei casi, mentre l'altra metà riusciva a sconfiggere l'infezione
con le difese naturali dell'organismo e guariva. Dalla scoperta della streptomicina
e successivamente degli altri farmaci antitubercolari, la malattia è
perfettamente curabile e la guarigione completa è la regola nei casi
trattati correttamente.
Le cifre: tra gli 8 ed i 10 milioni di nuovi malati all'anno, con 2-3 milioni di morti. Nessun'altra malattia infettiva arriva a causare una tale mortalità a livello mondiale, quasi tutta concentrata nei paesi poveri. Nei paesi ricchi, come il nostro, invece, la mortalità è intorno a 10 per milione. Ciononostante vi è una recrudescenza del problema anche da noi, soprattutto nella popolazione anziana.
La tubercolosi è dovuta a un batterio, il Mycobacterium tubercolosis
o bacillo di Koch. La via d'infezione più comune è per via aerea:
i micobatteri emessi da un malato con la tosse passano, nelle goccioline di
saliva, a un'altra persona, depositandosi negli alveoli polmonari e dando luogo
al complesso primario (immagine visibile alla radiografia del torace). Molto
più raramente l'infezione avviene per altre vie, ad esempio per ingestione
di latte non pastorizzato contaminato dal micobatterio bovino. La forma primaria
può passare inosservata perché i sintomi sono assenti o subdoli:
febbricola, tosse secca, sudorazioni, deperimento organico, astenia. La prima
infezione nella maggior parte dei casi guarisce da sola, lasciando però
traccia alla radiografia e al test cutaneo (intradermoreazione alla tubercolina,
o Mantoux, o test PPD). Quando invece evolve verso la malattia, si tratta della
tubercolosi polmonare vera e propria, caratterizzata da tosse cronica, spesso
con espettorato e a volte anche con sangue, febbricola, progressivo dimagrimento
(la parola "tisi", di origine greca, indica una sorta di consunzione
dell'organismo).
La tubercolosi post-primaria invece origina dalla riattivazione del bacillo
tubercolare, anche dopo moltissimi anni dall'infezione primaria, in seguito
a un indebolimento del sistema immunitario. In Italia infatti è tipica
degli anziani.
Questa forma può colpire, oltre al polmone, qualsiasi altro organo o
apparato. La tubercolosi è una grande simulatrice, perché può
essere scambiata per linfomi, tumori dell'osso, del rene, o di altri organi,
malattie infiammatorie croniche dell'intestino e tantissime altre patologie.
La diagnosi di queste forme è spesso molto difficile.
Si stima che circa 3 milioni di soggetti sono infetti sia da HIV che da tubercolosi,
la maggior parte dei quali in
Africa sud-Sahariana. Un individuo HIV positivo ha un rischio 100 volte superiore
di ammalarsi di tubercolosi e la mortalità della malattia è molto
più elevata. La coinfezione HIV-tubercolosi è una catastrofe umanitaria
di proporzioni immani che si può affrontare in un solo modo: mettere
a disposizione dei malati sia i trattamenti anti retrovirali per l'(HIV), purtroppo
ancora un sogno nella maggior parte degli stati africani, che quelli antitubercolari.
Le due malattie sono, assieme alla malaria, quelle per cui è stato istituito
il cosiddetto Global Fund che dovrebbe permettere un'estensione dell'accesso
alle cure. L'entità dei fondi stanziati è però largamente
sufficiente, e l'efficacia del loro utilizzo è tutta da verificare.